Psicobufale

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view post Posted on 17/9/2008, 13:44
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La psicologa Silvia Bianconcini ha scritto un libro Psicobufale dedicato, come si può intuire dal titolo, alle bufale che riguardano la psicologia.
Trovate una recensione sul numero 13 di "Mah":
http://bibliotopia.altervista.org/pubblica.../mah13libri.htm

Segnaliamo anche il sito e il blog dell'autrice:
http://www.psicologia-imola.it/
http://psico-bufale.splinder.com/
 
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mr Tipps
view post Posted on 21/1/2009, 11:08




Sul quotidiano gratuito "City" del 9.1.2009 (p.10: Un cervello allenato aiuta a vivere meglio) Ketty Areddia intervista Giampaolo Perna, "psichiatra, esperto di ansia e panico e fondatore del Mental Fitness Institute, un centro neuroscientifico per il benessere".
Mental fitness, psicofitness... va be', vediamo un esempio di Perna:

CITAZIONE
Se io mi trovo davanti a un capo poco simpatico e all'ennesima sfuriata gli tiro un cartone e mi licenzio, avrò soddisfatto l'emozione del momento, ma nel lungo periodo avrò uno svantaggio economico e professionale.

Eh be', che consiglio prezioso! Se non ce lo diceva lui...
Ma invece che tirargli un cartone cosa posso fare?

CITAZIONE
Ci sono delle tecniche specifiche. Prendendo consapevolezza dell'emozione, si riduce l'esplosione della stessa.

... che tradotto in pratica significa...

CITAZIONE
Davanti a un capo odioso, posso chiedere di andare in bagno

:lol: Caspita, che ideona!
Ma, dato che non potrò usarla sempre, non è che il nostro luminare ne ha un'altra? Ma certo...

CITAZIONE
o di rimandare la discussione.

Cavolo, ma com'è che non ci ho pensato prima? ;)
Ma non è tutto:

CITAZIONE
Ci si può concentrare modulando la respirazione o contando alla rovescia.

Perché contare in avanti non funziona?
Ma il meglio è seguire il "programma di psicofitness":

CITAZIONE
Insegniamo tecniche di rilassamento che devono essere applicate nel contesto lavorativo.Il training autogeno, la meditazione tibetana personalizzata.

E se avete problemi di memoria, concentrazione, attenzione ecco che c'è

CITAZIONE
un software professionale, che stimola tramite una serie di compiti. Una versione avanzata della settimana enigmistica, per intenderci.

Psicofitness o psicobufala? :lol:
 
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silviabianconcini
view post Posted on 28/1/2009, 19:49




Mr Tipps, leggendo i brani che hai citato ho cercato di saperne di più e ho letto direttamente l'articolo in questione (non so se per riservatezza io possa riferire l'identità di chi mi ha mandato il link, comunque... grazie per l'invio!).

Secondo me l'articolo ha cercato di sintetizzare e di presentare in modo comprensibilie a tutti l'approccio di un professionista che, probabilmente, segue una scuola di pensiero generalmente definita come "cognitiva" o "cognitivista". E nella volontà di ridurre all'osso i concetti e di farsi capire da tutti può esserne uscito un testo che rischia di banalizzare un approccio con tutta una sua ragion d'essere e una sua indiscutibile serietà.

Ora quindi dovrò spiegarti cosa sia il cognitivismo. E a questo punto, purtroppo, so già che dirò delle cavolate perché questo non è il mio approccio e quindi non lo conosco abbastanza da spiegartelo in dettaglio. Anzi, sarebbe bello se passasse di qua un collega cognitivista che potesse essere più esaustivo di me. Comunque, a grandissime linee (e scusandomi con i cognitivisti all'ascolto per la stringatezza): come il nome lascia intuire, il cognitivismo si focalizza sulla componente "cognitiva" della psiche, pensieri, credenze, ragionamenti, teorie soggettive con cui uno si spiega il mondo e organizza le relazioni con gli altri. Un intervento di tipo cognitivista mira quindi a modificare proprio queste componenti. E probabilmente l'intervistato cercava di descrivere proprio questo tipo di lavoro.

Domandone tipiche: ma è valido? Ed è meglio o peggio di altri orientamenti?
La mia risposta è: è un approccio valido, certo, ha una lunga e seria tradizione culturale, di ricerca e di pratica clinica. Quanto al "meglio o peggio", io rispondo: né meglio né peggio, semplicemente diverso. Provo a spiegarmi.
Quialcuno vede il cognitivismo antitetico all'approccio psicoanalitico (en passant, quello psicoanalitico è il mio orientamento). I due orientamenti infatti si occupano di elementi molto diversi della psiche. Ma c'è anche chi li considera come due modi complementari di "aggredire" i problemi, partendo da punti di vista diversi ma mirando comunque sempre allo stesso obiettivo: e d'altra parte la psiche è fatta appunto sia di emozioni che di pensieri, dunque potrebbe essere del tutto ragionevole pensare che cambiando una delle due componenti possa, a cascata, cambiare anche l'altra e viceversa.
Per chi la vede in questo modo, quindi, le due scuole non sono antitetiche o "rivali" (come purtroppo qualcuno tende a vederle, trattando le varie scuole come delle religioni a cui aderire totalmente denigrando tutto il resto). Semplicemente lavorano sul medesimo problema scegliendo prospettive diverse.
Personalmente questo atteggiamento mi piace e così cerco di spiegare queste cose ai pazienti che si rivolgono a me (molti non sanno che gli psicologi lavorano tutti in modo diverso e seguono approcci differenti), facendo presente che io potrei essere o non essere la persona giusta per loro e che starà a loro scegliere da chi farsi aiutare. E' possibilissimo infatti che un paziente, per carattere, per tipo di aspettative, per orientamento mentale o altro ancora, si trovi meglio con un tipo di intervento e peggio con un altro. L'importante è che il paziente possa fare una scelta il più informato possibile.

Se ti interessa leggere qualcosa di più approfondito su questo argomento, puoi ad esempio guardare qui (l'autore, Paolo Migone, secondo me scrive benissimo ed è molto chiaro): http://www.psychomedia.it/pm/modther/probp...er/rt105-07.htm

e qui:
http://books.google.com/books?id=cJx_lpSE8...result#PPA91,M1

Bene: credo di avere detto tutto. Breve non lo sono stata, ma almeno spero si capisca quel che ho scritto! Mi raccomando, se qualcosa non ti quadra fammi sapere!

Ciao!
 
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mr Tipps
view post Posted on 29/1/2009, 14:16




Ehi, ma sei la Silvia Bianconcini autrice di Psicobufale?
Complimenti per il libro. E' un piacere incontrarti qui nel forum.

Io non sono uno psicologo e certamente non ho le competenze per discutere delle varie scuole e dei loro pro e contro. Quel che mi ha lasciato perplesso in quell'intervista, come in tante altre occasioni, è l'idea della ricetta facile (tra l'altro un motivo per cui ho apprezzato il tuo libro è che non dà ricette facili).
Il tuo capo ti stressa? Non tirargli un pugno in faccia, ma chiedi di andare in bagno o conta all'indietro. Va be', ma che non è una buona idea tirare cazzotti alla gente, anche se non la sopporti, non è che ho bisogno di un luminare della psicologia, qualunque sia la sua scuola, per saperlo.
A leggere quell'intervista mi sono venuti in mente gli incontri con qualche "psicologo del lavoro" che ci hanno propinato (a quanto pare è un flagello diffuso) dove arriva uno, ti vede per la prima volta nella tua vita e dopo un paio di ore pontifica sulla tua personalità. "Paragonati a un fiore." La margherita. "La tua collega invece ha detto quell'altro fiore. Ecco, vedi, è la differenza tra la percezione del sé e quella che gli altri hanno di te bla bla bla". Ma va là, è che io di fiori ne conosco sì e no due e, volendo evitare la rosa per timore di interpretazioni simboliche sulle spine, mi è rimasta la margherita. La mia collega invece conosce tutti i fiori del mondo e non si limiterà mica a dire banalmente la margherita.
Insomma, è come se io vedessi cinque minuti di un film e volessi dare un giudizio complessivo sulla trama.
 
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silviabianconcini
icon1  view post Posted on 29/1/2009, 20:52




Ti dico la mia opinione: il rischio di apparire banali è inevitabilmente in agguato ogni volta che si cerca di fare della divulgazione psicologica, soprattutto quando si tratta di argomenti "clinici" che si prestano difficilmente a considerazioni generali di un certo spessore (parlo della stampa non specializzata). Provo a fare un esempio tratto da quel che citavi, sempre precisando che sto cercando di ragionare su un intervento che non fa parte del mio modello di riferimento e che un cognitivista potrebbe inorridire leggendo il modo con cui affronto il suo approccio.

"Prova a contare all'indietro ogni volta che ti vien voglia di prendere a pugni il tuo capo": è uno dei tanti espedienti che possono essere suggeriti a un paziente durante una terapia cognitiva. Presentato così sono d'accordo che rischi di apparire come una sciocchezza, anche se poi dietro ci sono fior fiore di autori che hanno scritto su questo tipo di interventi e c'è tutt'altro che della banalità sotto questi discorsi.
Il fatto è che un intervento cognitivo non è composto solo di questi consigli: anche il consiglio più apparentemente banale si innesta su una relazione tra due persone. Non so quanto duri quella relazione, quante sedute saranno necessarie, il lavoro può anche essere molto breve: ma se anche paziente e terapeuta si vedessero solo per una seduta singola resta il fatto che si tratterebbe di un rapporto fra due persone, non di una mera trasmissione di indicazioni. In fondo, se a fare effetto fosse solo il comportamento suggerito, perché mai un paziente dovrebbe andare da un terapeuta? Basterebbe che si leggesse un buon manuale di terapia cognitiva e che si studiasse da sé un comportamento da adottare! Invece - cognitivisti all'ascolto, vi prego, ditemi se sto dicendo delle balle! - non conta l'intervento in sé ma il come e il perché venga proposto proprio quel comportamento a quella persona, con quella situazione e con quel tipo di problemi.

Ora, tornando al nostro articolo: come fai a rendere l'idea di tutta questa complessità in un pezzo giornalistico da far leggere a persone non specializzate, possibilmente rendendolo accattivante e non troppo lungo? Forse non ci si può riuscire tanto, visto che se ci si dilunga su questi aspetti non credo si alzerebbe di molto il gradimento del pubblico "profano".

Ecco perché spesso gli articoli divulgativi lasciano la spiacevole sensazione di qualcosa di sciocco e superficiale: perché per essere leggibili e accattivanti finiscono per parlare solo di una minima parte di quel che realmente accade nel rapporto terapeutico.

Questo almeno è quel che penso io.

Ah, grazie per i complimenti ;)

 
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Lisalisetta
view post Posted on 2/2/2009, 17:42




Ciao a Silvia Bianconcini e a Mr Tipps, spero di riuscire a postare il mio commento, però mi pare di aver capito come si fa :) :P
Ho appena finito di leggere "Psicobufale", ho cercato il blog di Silvia e dal link sono arrivata qui. Non sono una psicologa cognitivista, però forse posso dare un mio contributo :)
Premetto che ho trovato molto interessante e utile il libro "Psicobufale" perché mi interesso sia di psicologia (personalmente) che di comunicazione (professionalmente) e credo nell'utilità di entrambe, se fatte bene :)
dunque, parlo di comunicazione, capisco assolutamente la valenza di capire cosa possa risultare fuorviante.
Credo nell'utilità del veicolare spunti, attraverso la comunicazione, che possano aiutare le persone, per esempio, ad uscire da luoghi comuni (ancora radicati, purtroppo) come:
lo psicologo è per i matti
bisogna farcela da soli
se parli con un amico è uguale
lo psicologo è una moda

frasi che molto spesso, peraltro, vengono dette a persone che hanno un disagio, e stanno pensando di andare dallo psicologo, da persone che non sono mai andate da uno psicologo ;)
perché di solito chi è andato o va da uno psicologo sa che non è per i matti, legge in modo diverso la frase "farcela con i propri strumenti" e sa perché parlare con un amico non è uguale.
Credo che più che altro a volte i media possano aiutare a veicolare questo messaggio:
se percepisci un disagio non darlo per scontato come un immutabile fardello, sappi che esistono gli psicologi e delle strutture - anche gratuite - che possono aiutarti... e cose così, non di poco conto.
Detto ciò nessun giornale può ovviamente sostituirsi al lavoro personale con uno psicologo.
Concordo con Silvia sul fatto che il mestiere del giornalista non è facile, anche quando lo si affronta con grande serietà.
Dobbiamo veicolare delle informazioni in poco spazio, cercando termini che siano chiari a tutti, e non potendo certamente mettere delle note a piè di pagina come si fa in un saggio o in una tesi di laurea, dobbiamo informarci noi prima, il più possibile del possibile, capirne il più possibile e quindi veicolare, sapendo che non possiamo usare un linguaggio troppo tecnico, neanche quando noi siamo in grado di capirlo, perché dobbiamo immaginarci un interlocutore con il quale non si può dare nulla per scontato.
se spiegassimo troppo saremmo prolissi, se spieghiamo poco sembriamo superficiali. Dobbiamo trovare un giusto mezzo, che è una cosa che viene dall'istinto, dall'esperienza...
insomma, un bel casino :) anche nella più totale buona fede.
Si potrebbe obiettare: allora non scrivete su questi argomenti!
Ma in realtà allora non dovremmo mai scrivere di niente, perché il problema investe ogni campo: dal cinema alla medicina, dallo sport alla moda, a meno che non si tratti di riviste specializzate.
Con questo, in realtà, voglio dire a Silvia che secondo me lei ha colto molto bene le difficoltà di chi sta dall'altra parte, segnalando sia la buona fede che le effettive bufalone ;)

Scusa Mr Tipps, vengo al dunque!
Volevo dirti che per mia personale esperienza leggo in modo diverso da te le cose che citi, a proposito dell'articolo, perché avendo provato un approccio cognitivista (evidentemente lo era, anche se non ci sono state etichette, perché probabilmente c'erano più approcci insieme) comprendo ciò che si sta cercando di dire. Ammetto di non aver letto l'articolo (dove posso trovarlo?) mi affido alle tue citazioni, che capisco possono sembrare delle stupidaggini, o aria fritta, ma per mia personale esperienza posso assicurarti che non lo sono :)
è una prospettiva diversa rispetto alle situazioni, alla propria parte nelle situazioni, che a me è servita moltissimo.
non ho mai fatto meditazione tibetana, né psicofitness, ognuno fa il suo viaggio a modo suo (io canto, per dire, invece di andare in tibet ;), ma sicuramente rendermi conto che le situazioni si possono affrontare in modo diverso mi è servito :) e, fidati, anche contare al contrario o farmi un giro :) e affrontare poi la cosa con emozione diversa :) per dirlo in parole spicciole.

baci :)
 
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silviabianconcini
view post Posted on 2/2/2009, 20:34




Lisalisetta, hai detto in modo limpido quel che io cercavo (stentatamente) di dire, che Dio ti benedica :)

Oso aggiungere un commento al racconto della tua esperienza: evidentemente nelle sedute non è passato solo il "contiamo al contrario" o cose così, ma è passato anche altro. Ad esempio, deve essere passato quel "rendermi conto che le situazioni si possono affrontare in modo diverso": uno ovviamente questo lo sa a livello teorico, ma non sempre riesce a metterlo in pratica da solo perché magari gli serve un supporto esterno. E' in questi casi che avere qualcuno che ti affianchi e ti sostenga mentre ti cimenti nel tuo compito può fare la differenza. Anche se questo qualcuno apparentemente ti dà solo una serie di tecniche da mettere in pratica.

Però questa componente "relazionale" è tanto impalpabile e tanto difficile da rendere in un articolo che magari viene tralasciata e poi il pezzo finisce per suonare un po' come un'accozzaglia di banalità, e qui torna la giustissima obiezione di MrTipps.

(Poi vabbé: ci sono anche le boiate belle e buone, certo. Nel senso che alcune cose che sento e leggo sono veramente indifendibili da qualsiasi punto di vista e con qualsiasi attenuante. Ma questo è un altro discorso).

Non so davvero se ci sia soluzione al dilemma "se divulgo appaio banale - se sono più preciso appaio noioso". Forse l'unica strada è che quando si legge un articolo divulgativo il lettore dovrebbe ricordare che quello è solo un piccolo estratto, per nulla esaustivo, di quanto accade in realtà nello studio di uno psicologo (che poi è il discorso di MrTipps sul film intero e i cinque minuti). Delle alternative faccio fatica a vederle.
 
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Lisalisetta
view post Posted on 3/2/2009, 00:46




Ciao Mr Tipps e ciao Silvia,
grazie per la risposta e l'attenzione.
e anche per il riferimento alla "limpidezza"... per una comunicatrice è un bel complimento :P
a parte gli scherzi, volevo dire un paio di cose, anche per giusta chiarezza, appunto. (magari stavolta farò un macello di parole, invece, ahah).
Spero di non dilungarmi troppo, e mi rendo conto che forse rischio di uscire un po' dall'argomento... proverò a non farlo, prometto ;)
E mi rendo conto che potrei bufalare io, involontariamente, nel senso che quello che dico è esperienza personale, non parlo da psicologa e quindi sono solo mie impressioni.
la prima cosa che voglio dirti, Silvia, è che hai assolutamente osato benissimo, nel senso che il punto centrale secondo me era proprio quello: "rendersi conto che le situazioni si possono affrontare in modo diverso". Io nelle citazioni ho letto questo, non tanto il fatto di per sè di contare al contrario eccetera.
E trovo che quello, se passa, sia un messaggio importante, perché molte persone, metaforicamente, tutti i giorni vanno a lavorare facendo la stessa strada accidentata, piena di lavori in corso, in mezzo allo smog, provando grosse dosi di frustrazione sia per l'atteggiamento che ricevono dagli altri... automobilisti, sia per la loro reazione che non li "soddisfa", se non sul brevissimo termine, o a volte manco quello... ciò credendo assolutamente di fare prima facendo quella strada o pensando che non ce ne siano proprio altre per arrivare al lavoro...
"rendersi conto che le situazioni si possono affrontare in modo diverso" esprime, per me, il concetto che invece ci sono altre strade, e non è scontato dover percorrere quella accidentata, o per forza sempre nello stesso modo.
Semplicisticamente (!!!), la cosa bella, quando sperimenti altre strade, è che a volte le persone intorno continuano a funzionare nello stesso identico modo perché appunto "funzionano così" e sul funzionamento degli altri non puoi intervenire (ma a te frega molto meno, perché ti senti molto meno frustrato tu), ma altre volte scopri che pure loro si mettono a funzionare in modo diverso, ricevendo un imput diverso. Però, appunto, alla base non c'è il voler cambiare il funzionamento degli altri (si arragino) ma intervenire positivamente sul proprio.
Che è diverso dal sapere che tirare un cazzotto non è bello, o che "scappare" in bagno fa risparmiare più energie rispetto a lanciarsi vicendevolmente delle fatture rilegate...
E' qualcosa in più. Però mi rendo anche conto che non è facilissimo spiegare la differenza :O

Come ho già detto non solo non sono una strizzacervelli, ma non saprei neppure etichettare il tipo di approccio sul quale è stato impostato il lavoro che ho fatto. Misto, credo.
Però ecco volevo solo testimoniare perché io ho letto qualcosa di diverso in quelle citazioni.

Con Mr concordo assolutamente sul fatto che è "terrificante" quando qualcuno ti dice, per averti visto 5 minuti e per come ti soffi il naso, che sa chi sei. Queste sì sono boiate, molto fastidiose, peraltro. e anche pericolose, perché proprio perché non sai con chi sai parlando potresti anche andare a toccare i punti deboli di qualcuno. Diventa ancora più pericoloso quando a lanciare etichette arbitrarie, che possono essere bombe a mano, è qualcuno che è investito di un certo ruolo.
Però non sempre le informazioni brevi sono banali/arbitrarie/semplicistiche. A volte sono informazioni che nella loro brevità dicono effettivamente qualcosa di interessante/utile.
Intendo dire che non bisogna sempre diffidare di ciò che appare semplice :)

Torno da Silvia sulla frase:
@forse l'unica strada è che quando si legge un articolo divulgativo il lettore dovrebbe ricordare che quello è solo un piccolo estratto, per nulla esaustivo, di quanto accade in realtà nello studio di uno psicologo...

in generale il mio approccio, quando leggo qualcosa, è questo. Se l'argomento mi interessa - oppure ho qualche dubbio - vado a cercare di saperne di più, in modo più ampio. Mi ha dato gli imput per approfondire eventualmente. O mi rendo conto, se si parla di un'operazione al cuore, che quello che accade in sala operatoria, e prima e dopo l'operazione, è un mondo ben più ampio, con variabili ecc ecc.
Forse, però, sia per indole che per deformazione professionale so che sono di fronte ad un estratto, in generale, visto che il mio lavoro è anche estrarre. Magari non è così per tutti, ed è anche logico che sia così?

scusate il brodo lungo, baci :D




 
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mr Tipps
view post Posted on 11/2/2009, 12:53




CITAZIONE (Lisalisetta @ 2/2/2009, 17:42)
Ammetto di non aver letto l'articolo (dove posso trovarlo?)

http://web.uniroma2.it/modules.php?name=Ra...p=visArt&id=531

CITAZIONE (silviabianconcini @ 29/1/2009, 20:52)
Ora, tornando al nostro articolo: come fai a rendere l'idea di tutta questa complessità in un pezzo giornalistico da far leggere a persone non specializzate, possibilmente rendendolo accattivante e non troppo lungo? Forse non ci si può riuscire tanto, visto che se ci si dilunga su questi aspetti non credo si alzerebbe di molto il gradimento del pubblico "profano".

Ecco perché spesso gli articoli divulgativi lasciano la spiacevole sensazione di qualcosa di sciocco e superficiale: perché per essere leggibili e accattivanti finiscono per parlare solo di una minima parte di quel che realmente accade nel rapporto terapeutico.

Direi che si potrebbe fare appunto quello che dicono queste tue righe. Ovvero uno potrebbe rispondere: "Ogni situazione che riguarda delle persone è sempre molto complessa e non si possono dare risposte valide sempre, ovunque, per tutti. Magari un problema può sembrare enorme, ma, se li si affronta nel modo giusto, poi magari al momento può bastare contare all'indietro per riacquistare la calma."
Un discorso del genere posso tranquillamente prenderlo in considerazione.

CITAZIONE (Lisalisetta @ 2/2/2009, 17:42)
non ho mai fatto meditazione tibetana, né psicofitness, ognuno fa il suo viaggio a modo suo (io canto, per dire, invece di andare in tibet ;), ma sicuramente rendermi conto che le situazioni si possono affrontare in modo diverso mi è servito :) e, fidati, anche contare al contrario o farmi un giro :) e affrontare poi la cosa con emozione diversa :) per dirlo in parole spicciole.

Esatto: a te fa bene cantare, a uno può far bene la meditazione, a un altro un'altra cosa ancora.
E viceversa magari un altro, se fa meditazione tibetana, si deprime terribilmente.
Come dice Lisalisetta, "ognuno fa il viaggio a modo suo".
In fondo (mi corregga Silvia se sbaglio) il ruolo dello psicologo dovrebbe essere quello di permettere a chi si rivolge a lui (o lei) di fare "il viaggio a modo suo", non di fornire un percorso preconfezionato (che sia il contare alla rovescia o la meditazione tibetana).
 
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Lisalisetta
view post Posted on 12/2/2009, 01:57




Ciao, è sicuramente Silvia che deve rispondere, vista la cognizione di causa, alla tua ultima osservazione- domanda, non io.
Faccio le mie osservazioni da profana:
personalmente non mi sento attirata dal programma che propone l'articolo, ma penso che sia una tra le tante opzioni che sono disponibili. E mi sembra anche giusto che sia così.
Non mi pare venga spacciato come l'unico metodo, una verità assoluta, ma come una possibilità di cui vengono descritte le caratteristiche. Viene esposto un punto di vista.
Sicuramente con una certa enfasi, però, insomma, mi pare anche ovvio che se uno utilizza un metodo e lo propone ci creda, altrimenti che lo fa a fare?
Poi il fatto che si paragoni la macchina-mente ad una ferrari può sembrare supponente, ma dipende se il punto di vista è:
ti trasformo la mente in una ferrari o la tua mente ha le potenzialità di una ferrari, ma magari tu non lo sai, e pensi di girare in 500. E quando "guidi" acceleri, freni, strappi il motore perché non sei consapevole della macchina che stai guidando. Non sai che si può guidare in modo molto più fluido.
E' un punto di vista.
Si può essere d'accordo o no, ma non mi pare venga esposto una specie di dogma ;)
Tra l'altro trovo interessante che venga sottolineato che il metodo non serve a curare gli attacchi di panico, aspetto fondamentale. Intendo dire: il metodo non viene proposto come panacea per tutti i mali, ma viene specificato un settore di intervento.
Poi si potrebbe discutere (mi corregga Silvia, se sbaglio) sul concetto di sano.
Quali sono i parametri?
L'articolo fissa, se non erro, un parametro, che è: chi non presenti manifestazioni di disagio come ansia e panico.
D'altra parte si potrebbe dire che nel momento in cui il mio capo mi urla dietro io posso avere una manifestazione di una risposta reattiva allo stress, anche fisiologica.
Ma fondamentalmente credo che il concetto espresso dall'articolo sia abbastanza chiaro.
Per mia - e non solo mia - esperienza lo psicologo è colui che permette sicuramente di fare il viaggio a proprio modo, anzi, semmai ti aiuta a essere ancora più consapevole di qual è il tuo modo, ma poiché - e sempre chiedo l'intervento di Silvia se bufalo involontariamente - è anche colui che in qualche misura è chiamato per esempio a farti rendere consapevole degli strumenti che hai, che sono tuoi, ma non sai di possedere o hai dimenticato di possedere, o è colui che può essere interpellato, per esempio, per insegnarti a gestire la tua ansia (a me non è capitato, ma questa credo possa essere una funzione) mi sembra piuttosto ovvio che possa indicare dei metodi per farlo.
Non è che dicendoti di provare a contare all'indietro (non è stato suggerito direttamente a me, ma ad un mio amico, e a lui serve) ti dice per dove devi prendere il biglietto nel tuo viaggio, onestamente io non ho questa impressione.
Nè tantomeno proponendoti la meditazione tibetana.
Anche perché se uno si accorge che il contare all'indietro o la meditazione tibetana non si sposano bene con lui, o con il suo tipo di disagio, ecc, può sempre scegliere di non fare l'una o l'altra cosa.
C'è, a mio avviso, una sostanziale differenza, tra "fornire un percorso preconfezionato nel proprio viaggio", se per viaggio intendiamo la vita, in generale, il proprio percorso all'interno di essa, fatto di emozioni e di scelte, e il proporre delle tecniche.

Forse il punto che ti infastidisce è che in questo articolo ci sia molta carne al fuoco?
il metodo, per come è esposto, non mi attira personalmente, ma probabilmente potrebbe attirare qualcun altro.
Forse il messaggio che a te pare ovvio tanto ovvio non è:
è vero che ci sono persone che sono capaci di compensare e scaricare lo stress andando a correre ogni mattina, che si tengono "sveglia" la mente leggendo, tenendo viva la curiosità, e che sono consapevoli delle proprie emozioni e quindi sono in grado di compiere scelte dettate non dall'impulsività. ma dall'istinto, che credo siano due cose diverse.
Ma non per tutti ciò è così ovvio.

ciao :D
 
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silviabianconcini
view post Posted on 24/2/2009, 20:33




Secondo me molte bufale nascono perché si confonde lo strumento con la persona. Lo strumento è sempre quello, ma l'uso che la persona ne può fare è diversissimo ed è questo che fa la differenza.

Spiego con un esempio tratto dalla mia esperienza (potrei dire "dalla mia casistica", che fa più figo).
Conoscerete forse il training autogeno: è una tecnica di rilassamento profondo che una persona apprende passo dopo passo e che, una volta imparata, può metttere in pratica autonomamente, senza dipendere dalla presenza di un altro.
Di solito cosa si legge in giro? "Il training autogeno è un ottimo metodo di rilassamento", "E' una tecnica indicatissima", "E' efficacissimo", eccetera eccetera.
Bene. Su di me è veramente efficacissimo: mi fa stare di un bene, ma di un bene che quasi quasi solo pensando a come mi sento quando lo faccio è come se lo stessi facendo anche ora.
Una collega che ebbi anni fa, invece, non riusciva assolutamente a praticarlo: la postura, le consegne, gli esercizi, la situazione nel suo complesso anziché rilassarla la innervosivano. Alla fine, oltre che non riuscire a rilassarsi, era più tesa di prima.
Un'altra mia collega, che lo insegnava in lezioni di gruppo, si trovò una delle "allieve" che durante la lezione ebbe un attacco d'ansia.
Un mio ex paziente volle provarlo ma non riusciva a trovarci nessun giovamento perché non sopportava di stare lì fermo e immobile; però scoprì che per lui funzionava moltissimo fare attività fisica intensa e prolungata.
Un mio conoscente quando fa gli esercizi se la gode alla grande e alla fine è rinato.
Un'altra persona che ho conosciuto lo faceva la sera a letto, si rilassava talmente tanto che spesso si addormentava prima di finire (soffriva fra le altre cose di insonnia legata all'ansia: direi che, anche se non concludeva il programma, per lei il metodo andava alla grande).

Morale della favola: il training autogeno è una balla? O è un'ottima tecnica, e sono le persone che non sanno usarlo a essere "sbagliate"?
Risposta: niente di tutto ciò. E' come dice MrTipps: "Ogni situazione che riguarda delle persone è sempre molto complessa e non si possono dare risposte valide sempre, ovunque, per tutti". Purtroppo però questa risposta, che è l'unica davvero seria che si possa dare, se la dai a un giornale ti fa passare facilmente per un incompetente, per uno che cerca di cavarsela con poco (si sa che quegli inconcludenti degli psicologi sono maestri nel non rispondere :D ). Oltretutto è ben poco accattivante per chi legge.
E' per questo che sono arrivata alla conclusione che la psico-bufala sia un po' inevitabile. Sta poi a chi legge ricordarsi che dietro c'è di più.

Quanto alla definizione di quel che è sano e quel che non lo è... ahi ahi ahi. Questi sono esattamente i concetti che fanno scappare a gambe levate. Un po' perché non c'è concordia nel mondo scientifico su cosa sia la "patologia" (per qualcuno addirittura è il concetto stesso di "malattia" a non aver senso in campo psichico). Ma anche perché certi tratti di carattere potrebbero risultare "patologici" o "sanissimi" solo cambiando il contesto. Il mio vecchio manuale di psichiatria, ad esempio, osservava che una persona con un altissimo senso di sé, portata a cercare il primato sugli altri, fredda, calcolatrice e magari preoccupata di veder nemici un po' ovunque può essere vista come narcisista e paranoica da qualcuno oppure - provocazione! - potrebbe essere la persona giusta da mettere ai vertici di una grande azienda o a capo di un esercito :lol:
 
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Fljll Flòi
view post Posted on 18/6/2010, 12:59




Come possiamo sapere qual è il giorno più felice dell'anno? Semplice: basta applicare la formula
O+(NxS)+Cpm/T+He
dove
O = stare all'aria aperta
N = natura
S = interazione sociale
Cpm = ricordi estivi dell'infanzia
T = temperatura
He = eccitazione della vacanza
Così sostiene Cliff Arnall, direttore del Cardiff Centre for Lifelong Learning, che dispensa anche massime di saggezza originalissime-mai-sentite-prima come questa:
CITAZIONE
La nostra società sta diventando molto materialista, con le persone che anziché chiedersi "quanto sono felice", preferiscono domandarsi "quanto devo guadagnare" (per essere felice). Ecco perché il miglior consiglio che mi sento di dare è quello di lavorare meno e di passare più tempo con chi si ama, perché questo rende davvero più contenti

Secondo lui il risultato del calcolo dà come giorno peggiore il 18 gennaio e come giorno più felice dell'anno proprio il 18 giugno. Quindi se oggi (scrivo il 18 giugno) avete avuto una giornataccia, sapete chi insultare... :lol:

* Simona Marchetti, Oggi è il giorno più felice dell'anno, Corriere.it, 18 giugno 2010:
http://www.corriere.it/cronache/10_giugno_...44f02aabe.shtml
 
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Fljll Flòi
view post Posted on 25/7/2012, 18:59




Gli studi manipolati nel campo della psicologia sembrano essere parecchi.

CITAZIONE
Leslie John della Harvard Business School di Boston ha interpellato 2.000 psicologi e la metà ha ammesso di aver aggiustato il protocollo sperimentale finché i risultati attesi non si sono materializzati e di non sentirsi in colpa per questo.

* Anna Meldolesi, Il cacciatore di psico-bufale, Corriere.it - Il club della lettura, 25 luglio 2012:
http://lettura.corriere.it/il-cacciatore-di-psico-bufale/
 
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12 replies since 17/9/2008, 13:44   925 views
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